Viaggiare in Bolivia: su nel cielo aperto e poi giù il deserto

È una specie di ingiuria all’italianità quello che sto per dire, lo so, ma è successo così, io Battisti l’ho capito in Bolivia.
In mezzo a deserti di sale, a panorami che ti aprono il cuore e sgattaiolano dentro per rimanere lì, sotto a cieli dolci di giorno e freddi (e pieni di stelle) di sera ad un certo punto ti accorgi che qualcosa dentro sta canticchiando Battisti e senti davvero correre dolcissime le tue malinconie in mezzo a fiumi azzurri e colline e praterie e lagune rosse e distese bianche.
In mezzo ad una natura così bella, non lasci solo che l’universo si faccia spazio dentro te ma, anzi, signor universo, mettiti pure comodo qui, proprio dentro la mia cavità toracica dietro lo sterno, sopra il diaframma e in mezzo ai polmoni. Così guardiamo insieme i fenicotteri rosa che si muovono eleganti nell’acqua, i gruppi di lama che si spaventano e corrono via e ancora volpi selvatiche, vulcani innevati e disegni di sale.

Ma la Bolivia, per me, non è stata solo una natura incantevole che mi ha fatto cantare Battisti. È anche il caos perfetto di La Paz, è la terra delle Cholitas e di Che Guevara, è altitudine, povertà e ricchezza, è autentica. È comunque bella.

Se mi chiedessero “Dove vai quando poi resti sola?” Io risponderei che vado in Bolivia, volentieri.